mercoledì 4 luglio 2007

Blogger italiani.. ma quale innovazione..

Il 3 Luglio 2007 il Censis ha pubblicato il rapporto "il controllo delle reti telematiche" , quarta e ultima ricerca del ciclo "Concentrazioni del potere".

La notizia è stata riportata da una serie di quotidiani nazionali (Repubblica, Corriere, Rai news, etc..) ma nessuno ha avuto l'accortezza di comunicare il riferimento al testo completo pubblicato sul sito del Censis.

Non stupiscono particolarmente i risultati del rapporto che ci fa osservare come l'Italia sia più che altro una nazione di consumatori dove la produzione e l'innovazione ci ha abbandonati da parecchi decenni. Tutte le testate giornalistiche si sono affannate a sottolineare che siamo quarti al mondo per blog pubblicati ma nessuna ha riportato (neanche il rapporto del Censis) qualche dato relativo alla Blogosfera Italiana. Su questo post di qualche giorno fa potete trovare il video frutto di una ricerca dell'Università di Trieste (in collaborazione, tra gli altri, con Punto Informatico e Splinder) che tenta nel suo piccolo di dare qualche dato. Anche se il campione risulta essere troppo piccolo per essere significativo, i risultati ci aiutano a costruirci un'idea. I bloggers italiani hanno generalmente più di un blog e nel 90% dei casi li utilizzano come veri e propri diari personali rinunciando alla cara vecchia privacy. Se a questi aggiungiamo le infinità di blog scritti da adolescenti e tutti quelli che vengono aggiornati un paio di volte e poi lasciati nel dimenticatoio, credo che l'essere il quarto popolo al mondo per pubblicazione di blog ci dia più un'indicazione sul nostro tempo libero che sulla nostra capacità di produrre ed innovare.

Ma cerchiamo di restare in linea con le indicazioni del rapporto; Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis, dichiara su La Stampa: "gli oligopoli si sono trasformati in un rigido sistema oligarchico, incapace di creare innovazione" e successivamente Giuseppe Dominici, autore della ricerca, afferma: "[..] a questo va sommata la lentezza della burocrazia, la mancanza di investimenti e il ruolo poco chiaro dello Stato". Su questi punti mi sento di condividere le loro affermazioni (anche se potrebbe essere il caso di aggiungere alla lista la mancanza di fondi alla ricerca, l'adeguamento dei programmi ministeriali d'insegnamento, etc..); il problema italiano gira da anni intorno alla presenza di (più o meno dichiarati) monopoli spalleggiati da una classe politica che ottiene il proprio tornaconto personale (o di partito) invece di favorire la libera concorrenza ed aiutare le PMI italiane a raggiungere una dimensione tale da potere dare il loro contributo alla produzione di innovazione in Italia. Ad esempio Internet in Italia è cresciuta grazie agli sforzi di centinaia di giovanissimi imprenditori che dopo i primi anni in cui hanno portato l'accesso alla rete fin nei più piccoli comuni italiani ed acquisito competenze, si ritrovano ancora oggi a subire la concorrenza sleale del monopolista per eccellenza (Telecom Italia) ed a tentare di parlare di digital divide. Lo Stato in tutto questo non sta solo a guardare ma ad esempio, grazie al Ministro Paolo Gentiloni ed al suo ministero ha deciso di mettere nelle mani di pochi soliti le licenze per l'utilizzo di una tecnologia, e mi riferisco al WiMax, che tanto può portare come innovazione in una nazione come l'Italia piena di monti e di distanze da coprire.

In definitiva vi consiglio la lettura del rapporto e magari qualche altra sul WiMax nel cui caso per inciso il problema non sta nella sua liberalizzazione come vuole la nota petizione spinta da Beppe Grillo, ma nel stabilire regole semplici per poterla utilizzare nel miglior modo possibile e non darla in mano a chi ha interesse alla stagnazione del mercato wireless piuttosto che allo sviluppo di questa tecnologia (il discorso è un pò più complesso magari nei prossimi giorni gli dedicherò un post).

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